Storia del maratoneta Carlo Airoldi: tra realtà e leggenda
Non era nato alto. Era un contadino di Origgio, un piccolo paesino vicino Saronno. E poteva correre, correre e correre, in stile Forrest Gump. Nel 1890 Carlo Airoldi era uno dei migliori fondisti d’Europa.
La vicenda di Airoldi ha affascinato storici e appassionati di sport. Un’esistenza fatta di tenacia e passione, che dimostrano la forza d’animo di questo maratoneta partito da zero, con nulla in tasca. Una risolutezza che gli ha fatto guadagnare tantissime vittorie, ma anche una cocente delusione.
I primi anni
Airoldi nacque nel 1969 a Origgio, da una famiglia contadina. Iniziò a partecipare a gare sportive nel territorio varesino, per poi passare a gare nazionali ed internazionali dove superò il suo maggiore rivale dell’epoca, Louis Ortègue di Marsiglia.
Nel 1892 trionfò nella Lecco-Milano; seguita da una vittoria nella Milano-Torino. Divenne famoso molto rapidamente, tanto da diventare uno dei più celebri fondisti della sua epoca.
Il suo più grande successo fu la vittoria alla Milano-Barcellona (settembre 1895), una gara in 12 tappe su un totale di 1050 km, che gli valse un premio di ben 2000 pesetas. Anche in quest’occasione dette prova del suo spirito sportivo, caricandosi sulle spalle il suo celebre avversario, Ortègue, crollato sulla pista poco prima di tagliare il traguardo come secondo.
I problemi finanziari segnarono tutta la sua vita e l’attività sportiva, tanto che spesso era arduo per lui trovare i fondi necessari per spostarsi in Italia e Europa per seguire le competizioni. Per sostenersi economicamente praticava anche altri sport come la lotta e il sollevamento pesi.
Le Olimpiadi di Atene del 1896
Visti i suoi crescenti successi, Airoldi decise di prender parte alle prime Olimpiadi di Atene, quelle del 1896. Una maratona di 42 km non sarebbe stata affatto un problema, ma c’era un grosso ostacolo. Non era un uomo di mezzi come la maggior parte degli atleti che frequentavano le Olimpiadi di Atene e non poteva permettersi di prendere treni o navi dall’Italia per giungere a destinazione.
Così decise di camminare: circa 2.000 km lo separavano da Atene, dove ne avrebbe corsi altri 42. Convinse dunque una rivista italiana (“La Bicicletta”) a finanziare questa sua impresa, in cambio della narrazione della sua storia. I giornalisti avrebbero documentato tutte le tappe del suo viaggio offrendogli, al contempo, il supporto logistico. Airoldi stimò che, per arrivare puntuale ad Atene, avrebbe dovuto percorrere 70 km giornalieri attraverso l’Austria, la Turchia e la Grecia.
Il maratoneta partì da Milano il 28 febbraio 1896, muovendo i primi passi nel freddo e ventoso clima invernale. Dopo aver percorso 700 chilometri Airoldi si infortunò alla mano in seguito ad una caduta, e fu costretto a trascorrere due giorni in tenda. Gli fu sconsigliato di attraversare l’Albania a piedi, perché c’era il rischio di incontrare dei briganti, oltre che per le pessime condizioni delle strade albanesi, così si imbarcò su un battello austriaco che lo portò a Patrasso da dove proseguì a piedi per Atene seguendo le linee ferroviarie. Il 31 marzo arrivò nella capitale greca, giusto in tempo per l’inizio dei giochi olimpici. Le sue stime erano giuste: aveva impiegato poco più di un mese per arrivare ad Atene.
Ma le sue previsioni ottimistiche circa la sua partecipazione alle Olimpiadi dovettero scontrarsi con la realtà.
Una volta ricevuto dal Comitato Olimpico, per poter presentare l’iscrizione, gli venne chiesto se avesse mai ricevuto premi in denaro a seguito di una competizione. Airoldi non negò e parlò del premio ricevuto grazie alla vittoria nella Milano-Barcellona. Tuttavia, il Comitato credeva nella purezza dell’atletica amatoriale, tanto che solo coloro che non avevano mai ricevuto premi potevano competere ad Atene.
A nulla valsero i telegrammi giunti dall’Italia da parte di associazioni e comitati sportivi che tentarono di ribaltare la situazione sostenendo che in Italia non esistevano corridori di professione: Airoldi non poteva partecipare. Forse, come spiega l’articolo italiano, c’era anche la preoccupazione che questo famoso fondista italiano fosse una minaccia per i greci favoriti nella maratona.
La grande forza d’animo non lo piegò nemmeno stavolta. Airoldi cercò di correre ugualmente, come non iscritto, ma venne fermato da un giudice di gara prima del traguardo e passò una nottata in carcere. Non pago, sfidò pubblicamente il vincitore della maratona, il greco Spyridōn Louīs, che non raccolse mai la sfida.
Airoldi, che non accettò mai la delusione, dichiarò alla rivista che aveva creduto in lui:
“Vedere arrivare il primo in mezzo a tanta festa ed io non poter correre per delle ragioni assurde fu il più grande dolore della mia vita. Per un giovane che nulla possiede come me, all’infuori del coraggio e che ha quasi la certezza di arrivare primo è un bel dispiacere. Dopo tutto mi consolo perché a piedi vidi l’Austria, l’Ungheria, la Croazia, l’Erzegovina, la Dalmazia e la Grecia, la bella Grecia che lasciò in me un ricordo indelebile“.
Gli ultimi anni
Tornato in Italia, continuò a gareggiare in Lombardia. Stando a quanto dichiarato da persone vicine a lui, Airoldi riuscì a battere il record di Spyridōn Louīs, percorrendo i 42 km in ben 2 ore e 44 minuti.
In questo periodo, nacque una vera e propria rivalità con un altro corridore, Gamba, che decise di sfidare nel tragitto Milano – Cernobbio – Punta Villa Pizzo – Milano. Fu però l’avversario a vincere la sfida, e a battere il record stabilito da Radaelli, percorrendo il tragitto in 9 ore e 13 minuti. Airoldi si fermò a 30 km dal traguardo.
Nel 1898, la società Libertas Torino per la quale era tesserato a partire dal dicembre 1896, gli conferì la fascia d’onore. Partì poi per la Svizzera, alla ricerca di un lavoro. Il caso volle che iniziasse a lavorare proprio per un’azienda produttrice di biciclette, a Berna. Ma non trascurò mai la sua grande passione, e continuò a correre, in Svizzera e in Europa.
Dopo una breve parentesi in sud America, dove si esibì in sfide e prove di forza, rientrò definitivamente in Italia. Qui rimase nel mondo dello sport in veste di organizzatore di gare e poi come dirigente di società sportive. Morì a Milano nel 1929, per le complicanze del diabete.
L’incredibile impresa di Carlo Airoldi è la storia di un eroe italiano che ha dimostrato a tutto il mondo cosa voglia dire davvero amare lo sport.
Foto Pubblic domain
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!